Uno scanner speciale svela dettagli nascosti del “Paolo e Francesca” di Previati

Il dipinto, esposto a Ferrara nella mostra “STATI D’ANIMO. Arte e psiche tra Previati e Boccioni” è stato analizzato con tecniche di diagnostica non invasiva da un team di fisici dell’INFN e dell’Università di Ferrara. Le radiografie digitali svelano la storia nascosta nel dipinto

 

Un team di ricercatori dell’Infn e del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell’Università di Ferrara ha analizzato con la tecnica della radiografia digitale il dipinto “Paolo e Francesca” di Gaetano Previati, tra le opere più famose dell’artista, attualmente esposto nella mostra “Stati d’animo - Arte e Psiche tra Previati e Boccioni” allestita al Palazzo dei Diamanti a Ferrara.

Il lavoro di analisi, che sarà presentato al Salone internazionale del Restauro dal 21 al 23 marzo, è stato eseguito con la tecnica della radiografia digitale con uno scanner per diagnostica radiografica in situ costruito e progettato grazie alla collaborazione tra Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell’Università di Ferrara e la sezione INFN di Ferrara. Dalle radiografie digitali scattate, oltre mille, emerge la storia nascosta del dipinto.

Il prof. Ferruccio Petrucci e la dott.ssa Anna Impallaria, del Laboratorio di Archeometria della nostra Università, rispondono ad alcune domande sulla tecnica radiografica usata.

 

Ma perché radiografare un dipinto?

Si fanno radiografie di dipinti per scoprire altri dipinti nascosti, coperti da ridipinture successive, o più semplicemente per ricostruire la tecnica pittorica usata dall’artista. Nel caso del “Paolo e Francesca” volevamo proprio approfondire la struttura dello strato pittorico.

 

E siete stati sorpresi dai risultati dell’indagine radiografica?

Certo: non capita spesso di trovare un gran numero di cambiamenti nella impostazione di un grande dipinto. Il “Paolo e Francesca” misura 2.60 x 2.30 metri. I “pentimenti” dell’autore sono stati eseguiti in corso d’opera. Noi vediamo ancora i pigmenti usati nella prima redazione del dipinto perché sono più opachi alla radiazione X di quelli usati, successivamente, per modificare la posizione dei volti dei personaggi, per cambiare la disposizione delle figure di contorno, per coprire la “pioggia” che, per quanto descritta dal testo dantesco, Previati ha deciso di mascherare.

 

È stato necessario ricorrere ai raggi X per avere questa osservazione?

Sì, solo con la radiografia X abbiamo potuto osservare chiaramente questi pentimenti, anche se l’immagine in luce infrarossa, ottenuta con lo scanner dell’Istituto di Ottica Applicata del CNR di Firenze, ha pure suggerito diversi indizi. Il potere dei raggi X – quelli stessi che vengono usati in Radiologia Medica – di attraversare la materia, è ben noto: noi abbiamo sviluppato uno strumento utile per le applicazioni ai dipinti, anche grandi, come questo.

 

Le dimensioni del dipinto hanno posto particolari problemi?

Se non è un problema raccogliere immagini radiografiche per 6 giorni interi, no: nessun problema! In realtà, ogni “scatto” radiografico dura circa 20 secondi, ma raccoglie l’immagine di un pezzetto del dipinto di circa 10x10 centimetri. Per “coprire” tutta la superficie sono stati necessari più di 1100 scatti e il conseguente impegno di 5 persone, distribuite nei vari turni giornalieri. Il gruppo del laboratorio di archeometria, come spesso succede, ha coinvolto una ulteriore collaboratrice, oltre che una laureanda e una stagista.

 

È possibile avere una breve descrizione dello strumento?

Lo strumento che abbiamo progettato e costruito a Ferrara, in collaborazione tra Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra, Sezione INFN e Laboratorio TekneHub, esegue varie operazioni: fa scattare il generatore di raggi X, attiva il rivelatore digitale, salva l’immagine su computer, sposta poi generatore e rivelatore per prepararsi all’immagine successiva. Tutte le operazioni sono controllate e temporizzate da computer e alla fine non resta che unire le immagini ottenute e memorizzate e ricostruire il mosaico dell’intera radiografia. Si tratta quindi di uno scanner, che necessariamente deve operare in automatico: gli operatori, per la loro stessa sicurezza, sono lontani e controllano lo svolgersi delle operazioni in remoto.

 

Perché serve il controllo da parte di operatori?

Anche se l’irraggiamento con raggi X avviene necessariamente senza nessun operatore nelle vicinanze, gli spostamenti di apparecchi come il generatore e il rivelatore, a pochi centimetri dal dipinto, deve essere comunque frequentemente controllato.

 

Perché costruire una attrezzatura del genere?

Per rispondere alle precise esigenze dei Beni Culturali. Anzitutto, perché non esiste una dimensione “standard” di un dipinto. Si va da pochi centimetri a decine di metri quadrati. Poi: le opere d’arte non si spostano con facilità, è più pratico spostare le attrezzature per eseguire le diagnostiche “in situ”, come è avvenuto anche in questo caso. Infine: serve una buona definizione dell’immagine: anche se il dipinto è grande occorre poter distinguere dettagli di un decimo di millimetro.

 

Ci sono anche altri vantaggi?

Sì. Uno per tutti: poter correggere le immagini sul computer in modo da attenuare l’effetto di parti aggiunte, come il telaio in una tela, la presenza dei traversi in un dipinto su tavola. Quando le radiografie erano esclusivamente su lastra fotografica queste possibilità non c’erano: è uno dei grandi vantaggi della radiografia digitale.


Paolo e FrancescaRX_Paolo_Francesca_noTelaio_low.jpg

 

Il dipinto - Paolo e Francesca, di Gaetano Previati, 1909, Olio su tela, cm 230 x 260. L’opera ritrae il volo di Paolo e Francesca, i due amanti la cui tragica vicenda è narrata nel canto V dell’Inferno della Divina Commedia.

 

Lo strumento utilizzato

Lo strumento utilizzato per le analisi